martedì 27 marzo 2012

Tremate, tremate le streghe sono tornate

E più belle che mai.
Il cinema, in realtà già da tempo con Monica Bellucci in "I fratelli Grimm e l'incantevole strega" e ben prima con Michelle Pfeiffer ne "Le streghe di Eastwick" solo per citare alcuni esempi, ha deciso di dare alle cattive delle fiabe la possibilità di mostrare un volto nuovo, fin ora sempre tenuto nascosto. Si perchè le fiabe ci hanno sempre insegnato che la strega è il prototipo della donna cattiva e brutta, della megera che fa del male alla fanciulla pura e docile. Se riflettiamo bene e andiamo a ripescare un pò di nozioni storiche, ci ricorderemo che le donne bruciate sul rogo come streghe nella maggior parte dei casi erano donne bellissime e indipendenti, con una mentalità spesso e volentieri osteggiata da quella classica del tempo medievale, l'età per eccellenza della caccia alle streghe, che inneggiava alla donna umile e dimessa, in completa balia del padre prima e del marito dopo, nella celebrazione più alta della società patriarcale dove la donna è solo un contorno, una pedina nel mondo dominato dagli uomini.; e chi  era invece diversa era dipinta come una donna esteticamente brutta, con difetti inventati dai detrattori e ovviamente cattiva e quindi meritoria di morte. Basti pensare ad Anna Bolena, la seconda moglie di Enrico VIII: dipinta da molti come una donna molto bella e fuori dai canoni della classica bellezza inglese (pelle olivastra e capelli ed occhi scuri, in contrasto con il biondo e rosso che imperavano nel prototipo di bellezza in Inghilterra) e di un'intelligenza acuta e vivace, fu fatta passare per molto tempo come una donna orribile che aveva usato un sortilegio per far innamorare il re e deporre la prima regina (Caterina d'Aragona) e piena di difetti fisici, come il sesto dito nella mano sinistra caratteristica propria delle streghe. Ed infine proprio con l'accusa, tra le altre, di stregonerie, venne decapitata. La sua immagine, nel corso della storia, fu riabilitata, ma per molto tempo passò l'idea che una donna intelligente e bella, e restia a piegarsi al volere altrui, era solo una strega. E le fiabe hanno sempre contribuito a divulgare questa immagine stregonesca nell'immaginario collettivo. Ed ecco che Grimilde la bella regina rivale di Biancaneve, per eliminare quest'ultima si trasforma in un orrida e perfida vecchiettina tramite dei sortilegi creati da lei stessa.
La settima arte ha però deciso, da un pò di tempo, di capovolgere queste credenze e lo fa partendo dall'abc: per interpretare le cattive,anzi la cattiva visto che i film in questione riguardano entrambi la favola di Biancaneve, sono state scelte due attrici bellissime, Charlize Theron per "Biancaneve e il cacciatore" e Julia Roberts per "Biancaneve" (titolo originario Mirror Mirror) contrapposte rispettivamente a Kristen Steward e a Lily Collins. Vedendo anche solo il trailer dei film si può notare come nel primo film tra i due presi ad esempio sono la bellezza fisica e la sensualità ad essere messe in risalto : si ma quella di Charlize Theron che appare molto più bella della Biancaneve/Steward e sinceramente, viene un pò difficile pensare che tra le due "la più bella del reame" non sia proprio la strega cattiva. E nel secondo film la strega Roberts è intelligente, ironica e brillante in opposizione con la Biancaneve/Collins che, da quanto ho potuto vedere dal trailer non mostra di brillare per intelligenza o vivacità, o humor, anche se per i giudizi approfonditi  aspetto di vedere entrambi i film. La strega rimane sempre la cattiva della situazione ma questa volta ha dalla sua fascino ed intelligenza e anche ironia: ed è lei che affascina gli spettatori, il pubblico, non la dolce ed anche un pò insipida Biancaneve. 
E' la rivincita della donna forte, quella che non accetta di camminare un passo indietro dell'uomo, quella che sa qual'è il suo posto ma non perchè qualcun altro gliel ha detto ma perchè è lei stessa a conoscerlo e a lottare per prenderselo. Non più la donna tutta fiocchetti e e pizzi, la signorina "gnè gnè"zitta e ferma che parla solo quando interpellata che  la società per molto tempo ci ha voluto propinare come modello ideale: una donna forte che non teme di mostrare le sue idee, il suo modo di pensare e di vivere indipendentemente dagli uomini.



giovedì 22 marzo 2012

"Scusi, può scendere sua figlia a giocare?"

E una volta era cosi.
Dopo pranzo a guardare i cartoni animati, correndo avanti e indietro dalla mamma per sapere quando si poteva andare in cortile a giocare con la bicicletta o a pallone. Se si andava in bicicletta senza fare rumore, allora potevamo aspettare un'oretta e poi andar giù; ma col pallone no, perchè i vicini dormono e non si fa rumore. Ovviamente si prometteva, bicicletta e anche senza andare veloce. Le promesse da marinaio ovviamente, visto che appena cominciavano a scendere gli altri bambini spuntava irrimediabilmente un pallone e li era la fine: ma anche senza pallone, tre bambini erano sufficienti a organizzare tornei di nascondino o di strega mangiaqualsiasicosa; ed ecco che le mamme e i papà si affacciavano alla finestra lanciando anatemi contro i figli che facevano baccano alle 4 del pomeriggio mentre la gente dormiva, e non capendo che probabilmente facevano più rumore loro. Quindi si ritornava su, mogi mogi, ad aspettare che fossero almeno le cinque per poter tornare a giocare. E di nuovo a fare avanti e indietro dal soggiorno alla cucina dove la mamma stava lavando o anche già preparando la cena (il papà di solito si riposava o leggeva il giornale, e il papà non si disturba quando legge il giornale, con quell'aria di timore referenziale che ti infonde) a chiedere quando arrivano queste benedette cinque, pensando anche che dovremmo imparare a leggere l'orologio perchè secondo noi la mamma ci frega, e alla fine prendendo anche il solito scappellotto per (effettivamente) il continuo ronzio nelle orecchie di mamma. Alla fine, eccole che arrivavano: il papà che riporta giù la bici per te  per la sorellina, il pallone che rotola giù per le scale e finisce per strada e per un pò rimane abbandonato in un angolo; e quando a poco a poco i bambini aumentano, si fanno le squadre per giocare evitando accuratamente che quella bambina antipatica finisca nella nostra squadra, almeno se fa qualcosa di sbagliato possiamo accusarla di aver barato e magari se ci scappa, anche una bella tirata di capelli (si, ero un pò irruenta). Ovviamente va tenuta d'occhio la sorellina, non si sa mai qualcuno può anche solo inavvertitamente farle male...e tu logicamente li devi intervenire: prima prendi a calci il bambino o la bambina, poi chiami la mamma e glielo dici. E le gare di corsa? Chi arriva primo dal muretto infondo fino alle piante. No ma tu sei più avanti di un passo. No ma non è vero. Allora mi metto avanti io. Ma cosi sei avanti di due passi tu ora!Poi si partiva e vinceva sempre il solito bambino che giocava a calcio da quando aveva iniziato a camminare e aveva più fiato di noi. Ogni cinque minuti si cambiava gioco, magari inventandosene di nuovi sul momento, l'importante è che si corresse: un gioco non era un gioco se non c'era almeno una rincorsa. Poi con tutto quel correre non ti viene fame? Su dalla nonna, che ti da i soldi cosi il papà ti va a comprare il gelato e la mamma intanto ti porta in bagno a lavare mani e faccia, noncurante delle tue continue lamentele"Mamma tanto scendo di nuovo"; gelato che arriva e si ricorre giù, perchè gli altri bambini lo mangiano giù. Io ho preso nocciola e fiordilatte tu? Cioccolato e fragola, con i pezzi di fragola. Eh io c'ho le nocciole intere. Gelato finito, mani appiccicose. Ma dov'è quella bambina, non scende? Non lo so, valle a citofonare e chiedilo a sua mamma. E se mi risponde suo papà? Non si sa perchè i papà degli altri bambini ti infondono la sensazione di ricevere un no ad ogni domanda. Scusi signora può scendere sua figlia a giocare? No, per oggi basta è tardi. E noi a guardare in cielo sperando che la mamma non si accorgesse che stava già rabbuiando. Però vabbè, ancora non ci chiama, corriamo ancora. Con la nonna seduta in balcone che ti guarda e ti urla di non andare forte in bicicletta che puoi cadere. E la mamma e il papà che si aggiungono al coro, con la fantasmagorica affermazione "Se cadi non venire a piangere da me". E si cadeva. Si cadeva sempre. I produttori di cerotti dovrebbero essermi grati per tutti quelli che ho usato sulle ginocchia quando ero piccola. E non parliamo dell'acqua ossigenata che pizzica appena un pò: no mamma, no papà. L'acqua ossigenata sul ginocchio insanguinato BRUCIA.
Alla fine però se ne accorgevano pure loro. Erano le otto e papà spuntava dal portone a prendere le bici mentre la mamma diceva di recuperare il pallone e ritornare su con tua sorella, che tra poco si mangia e dovete ancora farvi le docce e c'è nonna che deve mangiare per prendersi la pillola.
Ma mamma, siamo state solo cinque minuti!




Nessun pc, nessun cellulare, nessun tablet, iphone, ipod, ipad.



Siamo sicuri che questo che abbiamo ora sia il meglio?














mercoledì 21 marzo 2012

L'importanza del dialogo.

L'adolescenza.
Questa meravigliosa fase della vita che tutti prima o poi dobbiamo attraversare: si dico meravigliosa perchè ci sono già passata, esattamente. Anzi meravigliosa proprio col senno di poi e proprio perchè è finita. Ovviamente c'è chi la vive in maniera diversa, ma per la maggior parte delle persone non è stata una passeggiata, in particolar modo se si tratta di ragazze che devono attraversare anche i meravigliosi sbalzi ormonali/umorali che non ci abbandonano mai. E Mediaset decide di sfruttare uno dei clichè più clichè per mandare in onda l'ennesimo programma di  interesse sociale che diventa però una vera macchietta, condotto da un ex atleta privo, non solo della benchè minima preparazione per affrontare temi del genere, ma anche della capacità di condurre un programma simile.
Ed ecco quindi che vengono presentate diverse situazioni di ragazzi/e che stanno crescendo e per vari motivi entrano in conflitto con i genitori, che generalmente sono divorziati o separati e risposati con altre persone: i ragazzi sono aggressivi e maleducati, con reazioni isteriche e violente che si riversano sopratutto contro i familiari. Per la sottoscritta il problema si pone a monte, a causa anche di genitori che hanno eccessivamente viziato la prole e permesso loro di dettare legge: io sono fermamente contraria ad un rapporto di amicizia con i propri genitori, ognuno deve avere il proprio ruolo e quella dei genitori deve essere quello di guida, che si annulla nel momento stesso in cui genitori e figli si mettono allo stesso livello. Oltre che, permettendo ai figli di fare tutto ciò che si vuole è uno dei modi principali per far crescere persone viziate e poco umili, e per ottenere reazioni come quelle che vengono mostrate nel programma.
Ad ogni modo, questo programma è suddiviso in tre parti: nella prima viene mostrato il modo di vivere e di comportarsi di questi ragazzi e le loro continue reazioni di rabbia; successivamente dopo aver mostrato liti con genitori che non si sa per quale motivo non li appiccicano al muro con un malrovescio, arriva in scena il nostro eroe che dopo aver miracolosamente placato gli animi, comincia a far fare al ragazzo/a in questione una serie di cose per fargli capire che nella vita niente gli è dovuto e che non gli manca niente (no, ma va?) cercando anche di ripristinare il rapporto con i genitori anche avvalendosi dell'aiuto di una psicologa (che butta li quelle quattro frasi ad effetto che anche Nonna Papera) e infine dopo una serie di patetiche sceneggiate, come Lazzaro che si risveglia dalla morte, il protagonista della puntata capisce che stava sbagliando e si redime. Amen. Stupisce che non abbiano mandato la D'Urso a condurre una cavolata simile.
Cavolata perchè, ed è inutile che ribadisco che tutto ciò che viene scritto qui è una valutazione personale e soggettiva, si riduce un problema che è importante, benchè sia comune a moltissime persone, all'ennesimo show televisivo e peggio ancora, si fa credere che mettere in piazza i propri problemi , meglio ancora se piazza mediatica, aiuti a risolvere i problemi e che anzi sia solo la tv l'unica in grado di porre fine a certe questioni. Ma si, lasciamo che i "nostri" figli crescano viziati, tanto poi arriva il programma tv e ci risolve il problema. Ma come ho già scritto, la causa del problema va ricercata a monte, in quei genitori che forse per debolezza o per senso di colpa ( magari per aver divorziato) non sono stati in grado di gestire i figli, mollandogli qualche ceffone quando necessario e viziandoli all'ennesima potenza. Piccola postilla: io sono contro le punizioni corporali, ma di schiaffi ne ho presi anche io, TUTTI MERITATI, e non sono morta, anzi.
Ma soprattutto, si tratta il tutto con estrema superficialità: un problema come quello dell'adolescenza+, con le conseguenze di rabbia, insoddisfazione e isterismo che ne derivano, non può essere risolto in cosi poco tempo come mostrato dai tempi televisivi, che avranno rappresentato si e no complessivamente una settimana. Non basta fare due scenette simboliche/patetiche per far riappacificare i ragazzi con il proprio io interiore, per accettarsi cosi come sono e capire che la vita non è facile: sopratutto non lo si può fare davanti ad un pubblico televisivo. Specie se parliamo di una rete che l'idea che la vita sia facile e sia facile ottenere tutto ciò che si desidera, l'ha praticamente sdoganata.
Volete risolvere i problemi dei vostri figli?Dialogate, sin da quando sono piccoli. Parlate, fateli parlare e soprattutto, ascoltateli. Anche quando parlano confusamente e senza un'apparente logicità.



domenica 18 marzo 2012

Distratto è bello.

Siete distratti?Ottimo!
Nella versione online del corriere della sera, ho trovato un articolo che ha fatto la mia felicità.
Quanti di noi si sono sentiti accusare di scarsa concentrazione ed attenzione, soprattutto durante le valutazioni scolastiche, riassunte dall'odiosissima frase "E' capace ma non si applica, non sta attento"? Nella nostra società l'essere sempre attenti è stato talmente esaltato da colpevolizzare chi non ne è capace; l'attenzione fa parte del patrimonio genetico di tutti gli animali, che sono "obbligati" ad essere attenti da stimoli esterni come il pericolo di un predatore o la ricerca di cibo: negli umani pericoli di questo genere sono rari e di conseguenza l'attenzione è riversata sui processi di acculturamento e sull'apprendimento scolastico. Ma come funziona l'attenzione? e' un processo di sottrazione in realtà, dove le percezioni ritenute irrilevanti vengono inibite e messe da parte concentrandosi su quelle ritenute importanti ed essenziali; è un processo che comincia ad acquisirsi intorno ai sette anni quando i bambini cominciano ad essere meno dispersivi e capaci di orientare volontariamente la propria coscienza ed attenzione. Quest'ultima però, dopo aver raggiunto un picco, tende a decrescere sostituita da una stanchezza anche di tipo emotivo. L'attenzione oltretutto è strettamente collegata con il clima culturale in cui si vive: ho già scritto che l'attenzione negli umani è strettamente collegato al processo di istruzione e nelle nostre scuole questo si snoda in insegnamento-apprendimento-valutazione dove l'attenzione è basilare e dove gli interessi personali e la fantasia hanno un valore negativo. Ma una ricerca americana ha adesso ribaltato questa teoria: le persone distratte, poco concentrate sono in realtà ben più intelligenti e molto più creativi delle persone dotate di una grande capacità di concentrazione. Dopo tutto, se l'intelligenza consiste nella capacità di realizzare connessioni, è ovvio che più si è capaci di attivare circuiti neuronali, più si dimostra di essere intelligenti: con ciò però non si vuole esaltare una totale mancanza di attenzione, dato che entrambi gli eccessi (mancanza di una e totale presenza dell'altra e viceversa) possono portare anche a stati depressivi.

Il problema a mio parere sta tutto a monte. Nelle nostre strutture scolastiche, come già scritto, essere attenti è fondamentale per percorrere al meglio il processo di insegamento-apprendimento e valutazione sui cui si basano scuole ed università: il punto è che lo studente viene stimolato...anzi, il punto è che non viene minimamente stimolato nella coltivazione di quelli che possono essere i suoi interessi personali e che sono fondamentali anche per la crescita personale e culturale dell'individuo. Nelle università americane nelle valutazioni scolastiche sono tenute in gran conto anche le attività extracurriculari che molto spesso costituiscono un punteggio fondamentale per l'accesso ai college e le università più prestigiose: la personalità dell'individuo viene cosi stimolata al massimo, e anche la sua cultura personale che nel nostro Paese è paragonata al 110 e lode di laurea. Per quanto mi riguarda, le persone più intelligenti che conosco sanno affrontare mille argomenti diversi con passione e in profondità e coltivano i loro interessi con cura, non limitandosi a studiare la lezioncina imposta da scuola ed università, infatti la maggior parte di queste persone non è laureata o si è laureata in netto ritardo sulla tabella di marcia; e al contrario, tra le persone più stupide che conosco, rientrano individui laureatesi (il femminile non è messo a caso) con il massimo dei voti, ma incapace di affrontare un qualsiasi voglia argomento che vada oltre il nozionismo scolastico/universitario e del tutto prive del minimo interesse culturale. E' necessario che le persone vengano valutate in base alla loro intelligenza a 360°, e non solo nella capacità di apprendimento che spesso può rivelarsi il saper semplicemente imparare a pappagallo la lezione. Una riforma delle valutazioni che metta al centro di esso l'individuo nella sua totalità, e un metodo scolastico che stimoli e aiuti a coltivare i propri interessi e la propria capacità d'immaginazione.

 

giovedì 15 marzo 2012

Estroversi o introversi?

Dopo alcuni giorni dedicati alla stesura di un'altra parte  della tesi di laurea e allo studio dello spagnolo, questa sera mi sono dedicata alla lettura di quotidiani on line, intervallati dalla puntata di Servizio Pubblico, di cui vorrei affrontare gli argomenti odierni più in là, dopo aver raccolto ed esaminato il materiale adatto.
Le notizie che oggi mi hanno colpita e anche divertita, sono, oltre che decisamente più leggere, in un certo senso uguali e speculari: uguali perchè affrontano entrambe un argomento che riguarda gli aspetti comportamentali umani, e speculari perchè in qualche modo si annullano a vicenda. La prima è di oggi, comparsa sul sito di Repubblica col titolo "Il talento degli incompresi": la psicologa  Susan Cain, dopo studi e ricerche ha pubblicato un saggio dal titolo "Tranquilli: il potere degli introversi in un mondo che non riesce a smettere di parlare" dove viene spiegato come le persone introverse siano dotate di grande sensibilità d'animo, maggiore intelligenza  e capacità di analisi, sciorinando a sostegno della tesi, una serie di esempi di personaggi storici che senza sbracciate e sgomitate, ma in maniera tranquilla hanno appunto lasciato un segno nella storia. Fin qui, niente di nuovo all'orizzonte. Non è certo un mistero che questa tipologia di persone, gli introversi, hanno proprio come caratteristica principale quello di nascondere dentro di loro un universo che fanno scoprire a poco a poco,  di solito in maniera artistica, e che sicuramente hanno una mente più razionale.L'altra notizia è invece vecchia di 5 anni, ma con facebook si sa che rispuntano fuori notizie e curiosità anche più vecchie. Due psicologi americani, Howrigan e MacDonald, nel 2008 avevano condotto uno studio  su un campione di 185 studenti verificando l'interazione tra senso dell'humour e intelligenza. Utilizzando anche cinque aspetti del carattere come amicalità, energia, stabilità emotiva ed apertura mentale è emerso che più una persona è estroversa, più ha possibilità di sviluppare un senso dell'humor e manifestare cosi la propria intelligenza. Neanche qui troviamo qualcosa per cui poterci allegramente stupire, ma in un certo senso i due studi, come anticipato prima, si annullano a vicenda. Se sei introverso sei intelligente, no lo sei se sei estroverso. E se una persona introversa ha un momento di estroversione smette di essere intelligente o viceversa?
Senza giudicare la qualità del lavoro, perchè comunque ho troppi pochi elementi per poterlo fare, una domanda ha fatto capolino dalla mia testolina: ma non sarà che infondo, l'essere intelligenti è una caratteristica/ qualità che le persone possiedono a prescindere dall'essere introversi o estroversi?
Oltretutto queste "categorizzazioni" delle persone le ho sempre trovate oltremodo limitanti e anche un pò stupide; una persona non è solamente bianca o nera, ma con mille sfumature di colori che intercorrono tra i due estremi. E' anche ovvio che ognuno di noi ha una caratteristica di base che lo contraddistingue come la dolcezza, l'allegria o la bontà, ma è anche ovvio che a far da cornice a queste qualità di base se ne aggiungono poi altre che concorrono a completare la personalità dell'individuo e che "saltano" fuori al momento opportuno. Queste non vengono tenute in conto quando si sceglie di capire se una persona è più intelligente di un'altra?. E a questo punto, mi viene spontaneo introdurre un'altra piccola considerazione personale, frutto di osservazioni facilitate anche dai social network che, ammettiamolo, hanno sdoganato la stupidità umana come mai nessun altra cosa prima: mi riferisco a quelle persone che si vantano di avere un unico modo di porsi in tutte le situazioni, non arrivando a capire che se si tiene lo stesso comportamento in tutte le situazioni si rischia solamente di apparire più stupidi di quanto non si voglia. Chiunque abbia appunto un minimo di intelligenza sa perfettamente che ci sono modi diversi di porsi e di comportarsi che cambiano a seconda del contesto e di chi ci si trova davanti: è ovvio che in una situazione lavorativa o di colloqui di lavoro, non assumo gli stessi atteggiamenti che ho quando sono in famiglia o con amici, e anche in questi due casi i comportamenti cambiano molto. Ed infondo, credo che ognuno di noi sappia perfettamente che cambiare atteggiamento da una situazione all'altra non è segno di ipocrisia, che è ben altra cosa, ma appunto di intelligenza. Che, per quanto mi riguarda, non è deducibile solo dall'osservazione di una sola caratteristica, ma dando uno sguardo d'insieme alla persona.



domenica 11 marzo 2012

Stop Joseph Kony 2012



Guardate bene quest'uomo, memorizzate la sua faccia:  il volto del male. Attualmente è il criminale più ricercato del mondo, accusato di crimini contro l'umanità, omicidio, rapimento di bambini,  riduzione in schiavitù  sessuale delle bambine, in soldato dei bambini, stupro e violenza. Il suo nome è Joseph Kony. E' il capo del movimento Esercito di Resistenza del Signore, un gruppo ribelle di matrice cristiana nato nel 1987 e operante nell'Uganda del Nord e in alcune parti del Sudan: inizialmente il movimento ricevette sostegno dall'opinione pubblica, ma poco dopo cominciano le ritorsioni verso chi inizialmente era un sostenitore con l'intenzione di "purificare" gli Acholi, ossia il popolo appartenente al ceppo etnico dei Nilotici e residente in Uganda e Sudan, trasformando lo Stato africano in una sorta di teocrazia basata sulla personale interpretazione di Kony dei dieci comandamenti. Da quando ha iniziato la sua attività, l'organizzazione ha rapito 66.000 bambini ed ha costretto alla migrazione interna circa due milioni di persone. La sua "ascesa" comincia nel 1986 quando, nel 1986, in Uganda scoppia una rivolta degli Alcholi per la salita al potere di Yoweri Musuveni, contro il loro leader l'ex presidente Tito Okello; Kony si proclama un medium guidato dallo spirito di Juma Oris, ministro del governo di Idi Amin Dada e capo del movimento di ribellione West Nile Bank Front, operante nel nord est dell'Uganda. Il suo esercito nacque dalla sconfitta dei ribelli del movimento Holy Spirit Moviment: si dice che protegga i suoi soldati con riti magici che trasformerebbero i proiettili che li colpiscono in acqua. Un ribelle riuscito a scappare dal campo di Kony ha dichiarato che quest'ultimo prega il Dio cristiano, ma rispetta anche il venerdi come i musulmani, celebra sia il Natale che il Ramadan. Dal 6 ottobre 2005 la Corte Penale Internazionale ha emesso un mandato di cattura per cinque membri del Movimento, tra   cui Joseph Kony a cui sono stati imputati 33 capi d'accusa, dodici dei quali rientrano nella categoria di crimini contro l'umanità e 21 in quelli di crimini di guerra. Questo lo rende il criminale più ricercato al mondo.

Dal 3 marzo sta girando su youtube un video di 30 minuti, che in soli tre giorni ha ottenuto 50 milioni di visualizzazioni, creato da Jason Russel (il video è da poco visibile con i sottotitoli in italiano a questo indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=9Ve3_ziWAIM) portavoce dell'organizzazione no profit Invisible Children nata nel 2003 proprio con lo scopo di catturare un criminale il cui nome, è solo da poco tempo noto all'opinione pubblica nonostante i numerosi crimini commessi. Russel è venunto a conoscenza dello stato di terrore in cui si trovano Uganda, Congo, Sudan ed altri stati africani, durante un viaggio in Africa del 2003 dopo essersi appena laureato in cinema ed essersi recato a cercare delle storie: è entrato in contatto con Jacob un ragazzo ugandese rapito dal movimento di Kony e che fu obbligato ad ammazzare i genitori e a cui fu ucciso il fratello. Perchè nessuno ha mai provato a fermare Joseph Kony? Perchè nessuno era a conoscenza della sua esistenza, nè tanto meno di ciò che facesse e faccia; Russell e i suoi amici al ritorno dal viaggio in Uganda si sono recati a riferire quanto scoperto al governo americano, convinti che se fossero stati informati sarebbero sicuramente intervenuti a fermare quel pazzo criminale. Inizialmente però la risposta non fu quella desiderata: il governo americano dichiarò che se non intralciava o metteva in pericolo la nazione, gli USA non sarebbero intervenuti   per catturare Kony. Russell ha quindi deciso di sfruttare un'arma che può e si sta in effetti rivelando potentissima: la rete ed i sociali network. E cosi i creatori di Invisible Children creano, in concomitanza con le presidenziali americane, una finta campagna elettorale per rendere famoso e riconoscibile il volto del criminale: questo con l'obiettivo di risvegliare le coscienze delle persone affinchè esercitino una pressione sui governi mondiali perchè si adoperino alla cattura di Joseph Kony.
Ed è in effetti quello che succede: l'opinione pubblica comincia ad interessarsi al caso Kony, molti vip twittano il video alle loro migliaia di follower, rendendolo ancora più "famoso" e riconoscibile. L'organizzazione torna a Washington, questa volta con un centinaio di persone, incontrando ad uno ad uno i senatori, i quali si sono dichiarati concordi sull'obiettivo propugnato da Invisible Children, fermare Joseph Kony e i suoi massacri; il 14 ottobre 2011, come documentato nel video, il presidente americano Obama autorizza un numero di forze militari affinchè provvedano all'assistenza dell'Uganda e che catturino Kony.
Ma il 2 dicembre dello scorso anno, un 14 enne riesce miracolosamente a scappare dal campo di Kony, dichiarando che quest'ultimo era  a conoscenza del piano creato per fermarlo e che quindi cambierà le sue tattiche.
Cosa succede adesso?
Succede che siccome l'aiuto internazionale può essere revocato in qualsiasi momento, occorre continuare a tenere vivo l'interesse pubblico per continuare, di conseguenza, a pressare i governi a catturare il criminale. Invisible Children lancia cosi la campagna Stop Kony 2012: l'obiettivo è quello di catturarlo entro la fine di quest'anno. Come? Ovviamente, l'esercito ugandese deve riuscire a trovarlo ma, per farlo, ha bisogno di tecnologie e addestramento per scovare le sue tracce nella giungla. Ed ecco che entra in gioco l'esercito americano che, se la gente non dimostrerà il suo interesse per la situazione africana, verrà ritirato dal governo e la missione cancellata. Il nome di Kony deve quindi essere ovunque, non per essere celebrato, ma per portare alla luce i suoi crimini: l'organizzazione no profit si è già adoperata a contattare 12 star mondiali (tra cui Clooney e Jolie) affinchè divulghino il nome e i misfatti di Kony, solleticando sempre più l'interesse del pubblico. Il passo successivo è rivolgersi a chi, politici e non solo, può concretamente autorizzare la cattura.
Chi volesse sostenere Invisible children può collegarsi al sito http://www.kony2012.com/ firmando la petizione ed acquistando un kit (tutto spiegato nel video precedentemente linkato) che renderà più conosciuto Joseph Kony e renderà più "agevole" la sua cattura.









"Niente è più potente di un idea il cui tempo per manifestarsi è arrivato"

mercoledì 7 marzo 2012

La leggenda, inventata, della festa della donna.

Ed eccola che rispunta. E' di nuovo l'8 marzo amiche, festeggiamo. Già festeggiamo questo unico giorno in cui l'uomo si ricorda che siamo donne, e non macchine sforna cibo e soddisfa desideri. Va bene, mi ero ripromessa che non sarei stata polemica.
Andiamo indietro nel tempo e cerchiamo di capire come e perchè l'8 marzo vengono festeggiate le donne e delle leggende che ne furono create in merito. Gli Woman's day erano in realtà ben più vecchi di quanto si pensi e non venivano festeggiati nel giorno in cui adesso cade la ricorrenza: tutto partì dalla II internazionale socialista del 1907, svoltasi a  Stoccarda,dove donne come Rosa Luxemberg e Clara Zetkin, lottarono per portare la donna al pari degli uomini, su tematiche come il voto e i diritti sul lavoro. A poco a poco la manifestazione dilagò in molti altri Paesi. portando l'aria del femminismo a soffiare sempre più prepotentemente su popoli e governi. Con l'avvento della prima guerra mondiale, le manifestazioni del Woman's day furono interrotte in tutti i  Paesi coinvolti, fino a quando a San Pietroburgo, l'8 marzo 1917 (secondo il calendario adottato in Russia, ossia quello giuliano era però il 23 febbraio) le donne della capitale manifestarono in favore della fine della guerra: questa manifestazione, quasi per nulla ostacolata dalle forze armate, incoraggiò le successive forme di protesta che avrebbero poi portato alla fine dello zarismo, al punto che l'8 marzo 1917 è la data di inizio della "Rivoluzione Russa di febbraio". Anni dopo, nel 1921, la II Internazionale comunista decretò l'8 marzo "Giornata internazionale delle operaie". In Italia fu festeggiata solo un anno dopo, scegliendo però inizialmente un'altra data, ossia il 12 dello stesso mese. La connotazione storica e fortemente politica della giornata fu a poco a poco dimenticata, facendo sorgere fantasiose leggende secondo cui l'8 marzo si commemorano alcune donne rimaste uccise in un incendio scoppiato in una fabbrica di cotone vicino alla quale crescevano alcuni alberi di mimosa, altra falsa leggenda per dare una spiegazione all'usanza di regalare mimosa in questa giornata.
In realtà furono tre donne italiane appartenenti al PCI (Teresa Noce, Rita Montagnana e Teresa Mattei) a scegliere la mimosa come fiore simbolo perchè fioriva nei primi giorni di marzo, in corrispondenza alla festa.
Anni dopo, nel 1972 a Roma a Campo De Fiori, si tenne una manifestazione (alla quale partecipò anche l'attrice Jane Fonda) femminile sulla rivendicazione del diritto della legalizzazione dell'aborto o sulla libertà omosessuale: alcuni slogan, specialmente quelli contro la Chiesa, furono giudicati eccessivi e la polizia caricò le manifestanti. Infine, due anni dopo, le Nazioni Unite proclamarono l'8 marzo come giornata ufficiale della donna riconoscendo a queste ultime il loro ruolo attivo negli sforzi di pace e riconoscendo l'urgenza di porre fine a discriminazioni nei loro confronti.
Insomma, l'8 marzo ha un significato ben più profondo ed importante di quello che si è solito, ormai, attribuirgli.

Come al solito però, col passare del tempo e degli anni, la società è riuscita a rovinare inspiegabilmente anche questo evento importante. E cosi al giorno d'oggi l'8 marzo è diventata una giornata in cui donnine e donnicciole possono dare il libero sforo agli ormoni partecipando a feste di dubbio gusto, con l'immancabile spogliarello maschile. Ancora una volta tutto è stato mercificato, tutto è stato fatto crollare ad una semplice festicciola dal retrogusto sessuale, fraintendendo e dimenticando il vero valore della liberazione sessuale che fior di donne negli anni passati si sono impegnate a conquistare. E noi, per l'ennesima volta, distruggiamo tutto, considerandoci emancipate se un giorno l'anno andiamo (è un plurale maiestatis, io dal canto mio non ho mai festeggiato questo giorno) a fare le cretine, perchè è questo che si fa, comportandoci come donnette represse che finalmente danno sfogo ai loro istinti primitivi.
Beh che bello, abbiamo trasformato il giorno della donna nel giorno della cretina.

La mia speranza, inattesa fin ora, è che le donne si riapproprino di quel ruolo che portò alla nascita di questo giorno, giorno simbolo di vittorie vere e di conquiste vere ed importanti. E che comincino a capire che le feste organizzate per le serate dell'8 marzo non sono altro che il crollo sia di quanto guadagnato con sudore e sangue da femministe negli anni passati, sia della propria dignità.



Svegliatevi sorelle.




sabato 3 marzo 2012

Musica e formule.

Sfogliando quel meraviglioso giornale che è Il Venerdi di Repubblica, mi imbatto in un articolo dall'invitante titolo "La scienza svela la formula della musica perfetta". Uno studio condotto da neurologi e psicologi ha esaminato il brano di Adele "Someone like you" spiegando l'effetto che ha sul nostro cervello. Quest'ultimo come sappiamo è suddiviso in delle aree che vengono attivate nel corso di varie attività: la musica è quella che sollecita maggiormente la parte limbica che sta alla base del piacere, mentre i testi delle canzoni attivano la corteccia prefrontale, dove si collocano i ricordi personali. In Inghilterra Daniel Levitin, professore di psicologia e neuroscienze comportamentali a Montreal (oltre che ingegnere del suono di Carlos Santana) ha condotto sui media uno studio riguardante la cantante britannica che ha venduto con il suo album 21 ben 6 milioni di copie solamente negli Stati Uniti; secondo Levitin la tecnica che usa Adele è quella di sorprendere e rassicurare: il nostro cervello infatti, per poter reagire bene ai continui stimoli a cui viene sottoposto, mette in ordine questi ultimi, cercando sempre di capire e prevedere quello che verrà dopo. Difatti in quest'ottica, il ritornello viene considerato la parte più "gratificante" di una canzone poichè conferma ciò che ci aspettiamo ascoltando quel pezzo musicale, anche se la sensazione di piacere aumenta se il ritornello non rispecchia in toto le nostre aspettative. Insomma, l'effetto sorpresa è sempre gradito. Analizzando la canzone precedentemente citata, gli studiosi hanno posto l'accento sulla prima parte, che inizia con il clichè del pianoforte e si sviluppa nella prima parte con poche note, incuriosendo però l'ascoltatore con il testo; a poco a poco il ritmo si fa sempre più rapido, fino ad arrivare al ritornello dove la voce della cantante si fa più alta di una ottava e più intensa: in più vengono usate delle dissonanze, o appoggiature, molto utili per trasmettere brividi e che sono molto usati nei brani "strappalacrime". Oltre che il testo della canzone è facilmente adattabile ai ricordi autobiografici della maggior parte delle persone. E come scritto su, la musica risveglia le sensazioni di piacere, mentre il testo quella di tristezza; ovviamente non è uno studio che può riferirsi a tutte le persone, visto che entrano in gioco anche i fattori personali, come ad esempio la personalità ed ovviamente i gusti personali. Le persone che amano il jazz per esempio si collocano tra chi ama fare nuove esperienze, mentre chi ha una solida esperienza musicale tende a preferire la musica lirica e le persone estroverse la pop music. A questo proposito una piccola parentesi sui Beatles e le loro canzoni, da molti detrattori definite "semplici": la loro bravura fu proprio quella di far sembrare semplici canzoni che poi, quando si prova a suonarle, risultano tutt'altro che facili e banali.
La musica insomma ha il potere di risvegliare emozioni. Non mi sembra tutta questa grande scoperta. E' chiaro che nella maggior parte delle persone, visto che appunto non è possibile fare un discorso generale su un argomento cosi personale come la musica, ascolta musica "triste" poichè porta a galla ricordi nascosti, suscitando emozioni che sebbene tristi sono confortanti perchè non hanno conseguenze sulla realtà. Niente di nuovo all'orizzonte. Nè personalmente mi trovo d'accordo sul voler ridurre un brano, in questo caso quello preso in esame di Adele, ad una semplice formula tecnica, sebbene sia chiaro e noto a tutti che esistono anche canzoni appositamente costruite per compiacere i gusti della massa (massa, non pubblico) e vendere di più. Ma le canzoni, quelle che suscitano vere emozioni negative e positive, non possono essere ridotte ad una fredda tecnica,  ad un insieme di ragionamenti che snaturano il cuore e il vero intento della musica, ossia quello di trasmettere ciò che il cantante ha sentito e sente nel momento della composizione e nel voler creare un' empatia con gli ascoltatori. Il trasmettere emozioni non può essere semplificato con una formula ripetitiva. La canzone è il frutto sia di osservazioni della realtà esterna, come possono essere le canzoni di denuncia e di protesta, sia di un osservazione interiore, dei sentimenti e delle emozioni che si provano e che si decide di condividere con gli altri. Nè può essere ridotta a schematizzazioni tecniche l'accompagnamento musicale di un brano: la musica vera e propria, la parte non testuale insomma, è allo stesso modo un'esternazione di quanto provato interiormente dal cantante, o cantautore. E' senza dubbio interessante sapere, sebbene qualche indizio poteva avercelo chiunque anche se non in possesso di lauree altisonanti, che la musica attivi le parte cerebrali relative al piacere e al "rispescaggio" di emozioni personali.  Ma personalmente, trovo anche parecchio inutile uno studio che ha come scopo il voler razionalizzare qualcosa di ben poco razionale come le emozioni e la musica. E fondamentalmente, non ne vedo nemmeno il motivo o lo scopo. Razionalizzando troppo si rischia di perdere il vero valore delle cose, specie se belle e piacevoli proprio perchè non razionali.




giovedì 1 marzo 2012

Caro amico ti scrivo...

Avrei dovuto usare un altro argomento per questo nuovo post, ma una notizia mi ha gettata nella tristezza più profonda. Oggi, a 69 anni, si è spento Lucio Dalla, stroncato da un infarto mentre era in Svizzera per il suo tour. Non si contano già i mille post che invadono facebook, dove ogni canzone di Lucio viene ricordata da chi lo seguiva da sempre e da chi solo da poco ha conosciuto la sua grande bravura. E su Twitter, dove si rincorrono uno dopo l'altro i ricordi e lo stupore di colleghi e amici che piangono la sua scomparsa. Generalmente  non sono una fan delle celebrazioni post mortem sui social network e tendo anche ad avere un atteggiamento ironico/dissacrante con punte di acida cattiveria. Ma questa volta no. Questa volta divento anche io parte di quella schiera di ammiratori che oggi ricordano il grande cantautore bolognese. C'è chi racconta e ricorda di quando lo vedeva passeggiare in bicicletta sotto i portici di Bologna, chi scrive che era l'unico artista che non osava chiamare per nome, ma con un rispettoso Maestro. Io da parte mia, non voglio scrivere questo post usando la stessa tecnica, un pò fredda e cinica, che usai per parlare della morte di un'altra grande artista, Whitney Houston. Perchè, e da qui il post assume connotati assolutamente personali, non si tratta solo della scomparsa  di un grande artista che ci ha regalato canzoni meravigliose come Piazza Grande e Caruso. La mia tristezza nasce da qualcosa di più malinconico: la scomparsa di una persona che ha fatto, insieme con altri artisti ovviamente, da colonna sonora a molti momenti della mia infanzia. A viaggi verso le diverse mete di vacanze estive, ascoltando mia sorella che piccolissima canticchiava "Attenti al Lupo". O le domeniche mattina, quando mio padre metteva i suoi cd e a poco a poco,io mia madre e mia sorella, cominciavamo a chiedere canzoni diverse, ognuno con le sue preferenze e ognuno con l'impazienza di voler ascoltare quella canzone prima di tutte le altre e ovviamente cantandole a squarciagola. O ancora, quando sempre con mia sorella, ci chiudevamo in camera cantando "La casa in riva al mare", alternandoci su chi dovesse di volta in volta fare il bellissimo coro finale. Le canzoni di Lucio trasmettevano semplicità, che ormai non è più facile trovare. Una semplicità che rivelava un cuore grande, umile, puro. Canzoni che parlavano di gente semplice come lui, non di eroi, ma dei dimenticati, quelli che dagli eroi vengono generalmente messi in ombra. Come nella splendida Itaca dove ad essere celebrato non è il famoso eroe Omeriano, Ulisse, ma un suo marinaio, uno di quelli mai comparsi in nessun poema, nessun racconto. "E se muori è un re che muore, la tua casa avrà un erede, quando non torno a casa entran dentro fame e sete". Ecco qui, poche semplici parole, niente frasi cripitiche o pompose, per descrivere e raccontare la differenza tra chi nasce in alto e chi nasce umile.
Riflettevo sul fatto che come lui anche Faber era un portavoce dei dimenticati, degli emarginati: ma Faber con le sue splendide canzoni, invitava alla riflessione e anche un pò alla rabbia. In Lucio invece, ciò che viene trasmesso è un senso di commozione, di tenerezza per le persone di cui lui raccontava nei suoi testi. Raccontava di un mondo che ormai non c'è più, un mondo che proprio oggi con la sua morte ha perso un altra parte importante di sè. Tutto improntato da una dolcissima malinconia di fondo, malinconia che appartiene in particolare alle persone amanti del mare. Quel mare che, come la sua Bologna, lui amava profondamente e a cui aveva dedicato tanto, anche semplici riferimenti, o intere canzoni.
Con Lucio, sembra quasi finita un epoca. L'epoca dei grandi cantautori, di canzoni fatte con amore e che conquistavano tutti perchè avevano veramente qualcosa da dire, e lo facevano nel migliore dei modi. Non come adesso, dove la voglia di conquistare la gloria e il successo hanno ormai definitivamente soppiantato la voglia di trasmettere qualcosa, di dire qualcosa.
E siamo tutti un pò tristi oggi, quasi come se avessimo perso un amico che per tanto tempo ci ha fatto compagnia, e che adesso lo farà tramite bellissimi ricordi.



"Si è la vita che finisce, ma lui non ci pensò poi tanto. Anzi, si sentì felice e ricominciò il suo canto....e se la vita non ha sogni io te li do...Voglio Morire in Piazza Grande, tra i gatti che non han padroni come me


E poi fu solo in mezzo al blu..."